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Nazionale, dall'impresa alla resa

Sono passati tre giorni dall'esclusione dell'Italia dagli Europei in corso a Valencia, in un modo per alcuni imprevedibile ma sicuramente doloroso, dopo le ottime qualificazioni agguantate dal neo-coach Lardo e staff lo scorso inverno.

Per chi segue femminile da anni sa, che non può essere imputata la colpa a queste atlete o a questo staff tecnico, dato che è quasi un ventennio che la storia si ripete: nelle partite dentro o fuori la Nazionale non regge il colpo. In vent'anni si sono susseguite svariate atlete e svariati allenatori, chi non è mai cambiato è il comparto dirigenziale che a questo punto, qualche domanda, se non un mea culpa dovrebbe farlo.

Noi, seguendo la pallacanestro femminile italiana, ma quando possiamo anche quella internazionale, le differenze sostanziali sono parecchie tant'è che più addetti ai lavori si sono esposti tramite i propri profili social sull' accaduto.

Uno dei problemi è che in Italia continuano ad avere poche praticanti, il che si traduce in poca possibilità di selezionare qualità, questo perché non sono mai stati introdotti progetti che andassero a proporre il nostro sport ai giovani, dove i giovani vivono: nelle scuole. Una soluzione è copiare ciò che accade nel volley o che sta facendo il rugby a livello scolastico, con programmi coordinati e continuativi per proporlo durante le ore di educazione fisica nella scuola primaria e secondaria, adattandola per appassionare i giovani facendoli giocare al gioco che hanno scelto, certo senza tralasciare l'aspetto di gioco e socialità che è importante come lo sviluppo degli schemi motori ma già con la palla a spicchi tra le mani.

Il secondo pluridecennale problema, vista la larga concorrenza di sport è il percorso formativo giovanile, che in Italia finisce di fatto con le under 18, mentre lo sviluppo psico-fisico secondo la scienza termina a 21 anni per le donne e 23 per gli uomini. Rispettare il bioritmo, è la prima regola per non creare frustrazioni nelle atlete e accompagnarle alla crescita e formazione non solo sportiva, ma anche scolastica, la laurea breve di fatto termina a 22-23 anni ed andrebbe concordata con l'attività sportiva a livello universitario.

Con il sistema attuale di terminare anzi tempo la formazione, passando precocemente alla specializzazione e all'agonismo con le senior abbiamo, negli anni, "bruciato" talenti che si sentivano stelle con gli scudetti e medaglie giovanili, per poi perdere il contatto con la realtà proprio nel momento in cui si dovrebbe lavorare per fare il salto, completarsi come atlete e competere contro le migliori al mondo in Europei, Mondiali e Olimpiadi.

Ed ecco qui il grande problema che abbiamo pagato anche questa volta con la Nazionale odierna, quando il livello sale non si hanno le capacita psico-fisiche prima che tecniche per affrontare questo tipo di sfide.

Perchè? Anche qui, per varie cause.

Oltre a quelle sopra descritte un atleta deve avere le armi per affrontare le difficoltà e, in particolare su queste partite a questo livello, dove serve una certo allenamento mentale e gestione della pressione, non sappiamo affrontare con la necessaria durezza mentale e compattezza di squadra, prima ancora che con la tecnica. Queste difficoltà che non affrontiamo quasi mai nei Club, perché a parte qualche eccezione, le italiane non facendo mai quell'ultimo step di formazione che invece all'estero fanno, vengono preferite le straniere che poi però in Nazionale non abbiamo a colmare il gap e incappiamo in queste figuracce.

Deve giocare chi lo merita, si sente spesso e lo condividiamo, ma a patto di essere messe nelle pari condizioni che attualmente non ci sono. Se le nostre atlete diciottenni devono competere con ventitreenni formate con tante gare disputate in più e molti mezzi in più a disposizione, non si hanno le pari condizioni. Il talento da solo non basta; deve essere allenato e sviluppato: questo è un punto focale del perché vinciamo medaglie a livello giovanile che poi non riusciamo a tradurre in progetti pluriennali, per diventare atlete complete in grado di competere anche con la Nazionale maggiore.

Si cambia sempre la conduzione tecnica e le atlete, ma adesso ne abbiamo la prova non è un problema di tecnici e atlete ma di lungimiranza e programmazione che ad oggi non vediamo, nonostante le 11 medaglie in 12 anni messe in bacheca nel settore giovanile, le nate dal '99 al '02 le più medagliette in assoluto non hanno un progetto, almeno quadriennale, che le accompagni dal giovanile alle seniores e questo è grave, oltre ad uno spreco incredibile di talenti.


S.Z.



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